COSA SONO I CALCOLI

Il sistema urinario ha la funzione di eliminare, attraverso le urine, sostanze in eccesso o nocive per l’organismo.
I reni, situati posteriormente ai visceri addominali, sono deputati all’elaborazione delle urine. Circa il 15 % del sangue che circola nel nostro organismo per ogni ciclo cardiaco viene inviato ai reni che, attraverso il loro sistema di filtrazione, costituito dal nefrone (glomerulo, tubulo prossimale, ansa di Henle, tubulo distale e dotto collettore) lo purificano e ne estraggono l’urina. L’urina viene poi convogliata, attraverso le papille renali ai calici minori, da qui ai calici maggiori e alla pelvi renale.
È utile immaginare questo sistema come un albero: le radici sono costituite dal sistema di filtrazione per arrivare poi al fusto che è assimilabile alla pelvi renale. Alla pelvi renale è collegato un “tubo” di raccordo chiamato uretere che permette di convogliare l’urina prodotta dai reni dalla pelvi renale alla vescia urinaria, serbatoio temporaneo dell’urina.
Normalmente l’urina è costituita da acqua, urea, molecole di scarto del metabolismo e sali minerali: tra essi i più rappresentati sono il sodio, il cloro e il calcio. In condizioni normali le sostanze disciolte nell’urina non tendono ad aggregarsi ma costituiscono un sistema in perfetto equilibrio regolato da una molteplicità di fattori:

  • la temperatura dell’urina,
  • la sua acidità (pH),
  • la quantità delle stesse in rapporto al volume idrico dell’urina,
  • la presenza di diversi fattori inibitori la formazione di calcoli
  • la velocità con cui l’urina attraversa il sistema urinario.

L’alterazione di uno qualsiasi di questi fattori può portare alla formazione di calcoli.
Essi si possono formare in qualsiasi punto dell’appartato urinario; quelli d’interesse urologico sono i calcoli renali (che si possono localizzare dai calici minori alla pelvi renale, quelli ureterali (tendenzialmente calcoli renali migrati nell’uretere) e quelli vescicali (usualmente conseguenti a un’ostruzione urinaria a valle).

DA COSA SONO FORMATI I CALCOLI

Molte sostanze possono formare i calcoli. Esistono più di 65 specie di calcoli e, per una stessa composizione chimica possono esistere diverse forme cristalline. Il calcio, associato a ossalato o fosfato, è il principale costituente dei calcoli (circa il 60% di essi) anche se è da notare come le forme pure siano relativamente poco rappresentate con percentuali che si aggirano intorno al 20%. Seguono poi le forme di calcolosi miste di calcio ossalato-idrossiapatite che si avvicinano al 20%, i calcoli di brushite si riscontrano nel 10% dei pazienti così come i calcoli di acido urico e di struvite che hanno una frequenza assimilabile. I calcoli di cistina invece sono molto meno frequenti come riscontro avvicinandosi all’1%.
Capire la composizione chimica dei calcoli è molto importante, infatti, l’impostazione di una corretta terapia medica può prevenire la formazione degli stessi e, in taluni casi, favorirne l’eliminazione.

I FATTORI DI RISCHIO

Numerosi lavori scientifici hanno indagato quali siano i fattori predisponenti per la formazione di un calcolo, si è notato come soltanto il 10% dei calcoli presenti nella popolazione mondiale siano sintomatici:

  • all’interno dei calcoli sintomatici gli uomini sono più colpiti delle donne (nella misura di 3:1);
  • si è altresì ipotizzato che la formazione di calcoli sia legata all’ereditarietà, anche se l’importanza di numerosi fattori ambientali non ha permesso di individuare con sicurezza una componente ereditaria nella litiasi urinaria;
  • sicuramente lo scarso apporto idrico nella dieta è stato associato a un’aumentata frequenza di calcolosi renale;
  • così come è da notare che le popolazioni che risiedono in regioni a clima particolarmente caldo e secco sono più soggette a questa patologia;
  • allo stesso modo patologie metaboliche che portano all’aumento dell’escrezione urinaria di calcio sono fattori predisponenti e favorenti questa patologia.
    l’eliminazione.

CALCOLOSI E DIETA: COME DIMINUIRE IL RISCHIO DI CALCOLI

A differenza di quello che si può pensare, nonostante il ruolo preminente del calcio nella struttura dei calcoli, l’apporto alimentare di calcio non modifica notevolmente la concentrazione di calcio urinario. È infatti noto che alla variazione dell’apporto alimentare di calcio vari anche la capacità di assorbimento intestinale dello stesso e di ossalato e di conseguenza l’eliminazione renale. È quindi indicata una dieta povera di calcio solo a quei pazienti con ipercalciuria (elevata eliminazione di calcio con le urine) che si normalizza con la restrizione alimentare.

In ogni caso, una moderata riduzione dell’introduzione di calcio (quale quella ottenibile con la sola esclusione dei latticini) è un provvedimento dietetico prudente e privo di rischi.
L’aggiunta di fibre vegetali nella dieta può essere utile per ostacolare l’assorbimento intestinale di calcio, mentre la limitazione del sale può ridurne l’escrezione con le urine. Importante è anche la quantità di proteine animali introdotte con la dieta: un eccessivo apporto proteico, e quindi di aminoacidi solforati, è causa di un’aumentata escrezione urinaria di calcio.

I SINTOMI

La calcolosi urinaria non presenta sintomi tipici: gran parte dei pazienti affetti da calcoli renali è totalmente asintomatica. Si calcola, infatti, che solo il 10% dei calcoli renali sia sintomatico.
È pero noto che per un paziente affetto da calcolosi asintomatica con singolo calcolo più piccolo di 5 mm, il rischio di sviluppare la sintomatologia a 5 anni sia del 50% con un rischio relativo per anno del 10%.
Al contrario la presenza di calcoli multipli o di un singolo calcolo di dimensione > dei 6 mm sono fortemente indicativi di rischio di calcolosi sintomatica.

Per quanto riguarda il corredo sintomatologico, il più tipico è rappresentato dalla colica nefroureterale. Il dolore è causato da una distensione della via escretrice a monte e in particolare del bacinetto (pelvi) renale e del tratto iniziale dell’uretere che hanno la maggior sensibilità dolorifica. Il dolore inizia solitamente in modo brusco, spesso la notte o il primo mattino, subito acuto, ha sede preferenzialmente in zona lombare a livello dell’angolo costovertebrale seguendo il percorso della 12^ costa.
Si irradia anteriormente e inferiormente verso i genitali esterni (sacco scrotale, testicolo glande, grandi labbra), la coscia e il perineo. Il paziente si presenta tendenzialmente agitato alla ricerca di una posizione antalgica che non riesce a trovare per il particolare tipo di dolore.

L’evoluzione del dolore è ad ondate, con periodi di qualche ora di acuzie, seguiti da alcune ore di relativo benessere, in cui però persiste un dolore lombare di fondo. La remissione spontanea del dolore può essere segno della normale evoluzione della colica renale o dell’espulsione del calcolo. In questo caso, il dolore scompare velocemente e usualmente è seguito da una fase poliurica. In ogni caso bisogna inquadrare in maniera corretta il caso ed è necessario sottoporsi ad accertamenti, posto la probabilità, seppur rara, di una rottura della via escretrice con conseguente scomparsa della sintomatologia colica che è sostituita molto frequentemente da sintomatologia peritonitica.

La colica renale non complicata è frequentemente accompagnata da sintomatologia gastrointestinale: in particolare si associano frequentemente nausea, vomito e talvolta stipsi.
Allo stesso tempo possono comparire disturbi urinari quali:

  • un’aumentata frequenza minzionale,
  • l’emissione di urine molto concentrate ma in basse quantità,
  • il dolore durante la minzione.

Tutti questi corredi sintomatologici possono far supporre al medico che il calcolo si trovi nella parte terminale dell’uretere (parte che è situata all’interno della parete vescicale). La comparsa di dolore intenso durante la minzione associato a ritenzione urinaria acuta può far supporre che il calcolo si trovi in un segmento uretrale.

Un altro sintomo importante è rappresentato dall’ematuria (emissione di sangue con le urine) causata dall’azione meccanica del calcolo sulla via escretrice. Può essere macroscopica o microscopica, unica o recidivante, isolata o associata a dolori, disuria o segni di infezione.
È necessario prestare particolare attenzione in caso di febbre, anuria, segni peritoneali e coliche recidivanti e ripetute insensibili alla terapia medica poiché ci troveremmo di fronte a un rischio di colica renale complicata.

COSA FARE IN CASO DI COLICA RENALE

In primo luogo è necessario controllare il dolore: il medico prescriverà di norma un antinfiammatorio non steroideo (i cosiddetti FANS); è possibile che a questa terapia vengano associati altri tipi di antinfiammatori o antidolorifici o, in alcuni casi, degli antispastici. Per i sintomi gastrointestinali sono utilizzati farmaci antiemetici.

Nel periodo della colica è utile praticare una restrizione idrica (non più di 500 ml di acqua nelle 24 ore) proprio per il fatto che la colica stessa è causata da un’iperpressione presente a livello del bacinetto renale che si autoalimenterebbe con alti apporti idrici.
La diagnosi di colica renale viene effettuata sulla base della sintomatologia: è però necessario indagare la patologia sottostante in modo da poter discriminare tra le varie ipotesi diagnostiche e confermare l’eventuale sospetto di calcolosi.

LA DIAGNOSI

La colica renale è una patologia che viene spesso trattata in acuto e, molto frequentemente, il successivo iter diagnostico coinvolge il pronto soccorso e il reparto di urologia.
Nell’immediato viene eseguito una radiografia dell’addome: i calcoli a base di calcio si definiscono radiopachi, vengono cioè individuati come delle immagini chiare alla radiografia dell’addome, avendo una densità simile a quella delle ossa dello scheletro.

Esistono però alcuni tipi di calcoli che sono definiti radiotrasparenti (i calcoli di Acido Urico) mentre altri calcoli, o per la loro dimensione, o per la loro localizzazione non sono individuabili. È diventato quindi imprescindibile, in corso di una colica renale eseguire un’ecografia reno-vescicale: essa è in grado di evidenziare la causa di oltre il 70% delle coliche renali e permette di visualizzare anche calcoli radiotrasparenti. I segni ecografici di rilievo sono rappresentati dalla dilatazione del calcolo, dalla presenza di ostruzione urinaria e quindi dilatazione della via a monte dell’ostruzione, dalla possibile soffusione perirenale ed eventualmente dallo studio dell’indice di resistenza che permette di mettere in evidenza i segni tipici di un rene in sofferenza.

Un tempo uno degli esami cardine per la diagnosi di litiasi renale era rappresentato dall’urografia intravenosa, oggi questa tecnica è quasi del tutto abbandonata a scapito della TC (tomografia computerizzata) elicoidale che consente, grazie alle distinte densità dei calcoli, di individuarli e studiarli al meglio all’interno della via escretrice.

L’ITER DIAGNOSTICO

Una colica renale può, in seguito a terapia medica o anche spontaneamente, recedere: è possibile infatti che il calcolo che aveva impegnato la via urinaria venga espulso spontaneamente o altrettanto che si sia riposizionato, permettendo il deflusso di urina che prima ostacolava.
È in ogni caso necessario per il paziente intraprendere una serie di esami che permettono di meglio inquadrare questa patologia e allo stesso tempo potrebbero consentire di mettere in atto delle terapie mediche adeguate:

  • l’analisi fisico-chimica del calcolo, possibile solo se il calcolo è espulso spontaneamente o se viene estratto con manovre chirurgiche;
  • uno stick urine che consente di escludere la presenza di infezione urinaria, valutare la presenza di sangue nelle urine e calcolare il pH;
  • un esame completo delle urine;
  • un esame del sangue che comprenda emocromo, proteine, ioni, urea, funzionalità renale, acido urico e calcemia. In caso di litiasi recidivanti si può sospettare una causa più rara ed è utile eseguire uno studio ormonale.

LE TERAPIE

La terapia della calcolosi prevede che siano presi in considerazioni diversi fattori:

  • la misura del calcolo (maggiore o minore di 4 mm);
  • la struttura del calcolo (calcolo calcifico o calcolo di altra natura);
  • la localizzazione del calcolo;
  • lo stato di ostruzione determinato dal calcolo;
  • le condizioni generali del paziente.

Si deve poi distinguere la possibile terapia in terapia medica e terapia chirurgica.

TERAPIE MEDICHE

L’ATTESA E LA TERAPIA MEDICA ESPULSIVA

Per quanto riguarda la misura del calcolo, è noto che il 95% dei calcoli di dimensioni < a 4 mm e a pareti lisce vada incontro a espulsione spontanea: risulta quindi appropriato, dopo aver controllato opportunamente l’eventuale dolore della colica renale, attendere un periodo variabile dalle 4 alle 6 settimane per consentire all’organismo di espellere per via naturale il calcolo.

È altresì possibile avvalersi di terapie farmacologiche che, favorendo il rilasciamento della muscolatura ureterale, facilitano l’espulsione del calcolo: questi farmaci appartengono alle classi dei bloccanti i canali del calcio (nifedipina) o dei cosiddetti alfa-litici o antagonisti dei recettori alfa 1 (tamsulosina). Nonostante i suddetti nascano originariamente per altre patologie, gli studi hanno dimostrato la loro efficacia sia nel numero di calcoli espulsi sia nella diminuzione delle coliche renali.

LA TERAPIA LITOLITICA

Per alcuni tipi di calcoli è possibile intraprendere una terapia litolitica: attraverso l’assunzione di farmaci per via orale alcuni calcoli vanno incontro a dissoluzione.
Una terapia litolitica completa è possibile solo in caso di calcoli a base di acido urico. Sono calcoli facilmente individuabili poiché alla radiografia diretta dell’addome essi appaiono radiotrasparenti (non si riscontrano quindi immagini degli stessi sulle radiografie ma l’esistenza può essere dimostrata tramite ecografia o esame TC).
La terapia si basa sull’alcalinizzazione delle urine, poiché la formazione dei calcoli di acido urico è favorita dagli ambienti acidi: è necessario ottenere un range di pH urinario compreso tra 7.0 e 7.2 e si utilizzano citrato alcalino o bicarbonato di sodio.
Viceversa, la calcolosi calcica non è così responsiva alla terapia medica. È indicato, tuttavia, intraprendere una terapia medica, non tanto per raggiungere un completo scioglimento del calcolo, quanto come affiancamento alle procedure di litotrissia extracorporea o alle procedure endourologiche.

Il razionale della terapia medica fonda le sue basi sulla diminuzione del calcio, sull’alcalinizzazione delle urine e sul reintegro di fattori normalmente carenti nel paziente che forma cronicamente calcoli.
In primo luogo è possibile utilizzare, nei pazienti che eliminano molto calcio con le urine (pazienti con ipercalciuria), una terapia a base di diuretici tiazidici che favoriscono il riassorbimento del calcio dal rene e stimolano l’escrezione di potassio. Proprio per questa ragione, viene utilizzata un’integrazione a base di potassio.
Allo stesso modo, per raggiungere l’alcalinizzazione delle urine, sono utilizzati prevalentemente sali di potassio (citrato di potassio, per esempio) in associazione a integratori di magnesio. L’aumentata escrezione di citrato ha un doppio effetto benefico: favorisce l’alcalinizzazione delle urine e inibisce la crescita di cristalli di fosfato di calcio e ossalato di calcio.

TERAPIE CHIRURGICHE

LA LITOTRISSIA EXTRACORPOREA

All’inizio degli anni ’80 la litotrissia extracorporea cambiò radicalmente la terapia della calcolosi urinaria: si passava da una terapia prevalentemente chirurgica o al massimo endourologica ad una terapia completamente incruenta.
Le onde d’urto sono in grado di penetrare attraverso i tessuti senza danneggiarli e subendo una modestissima attenuazione: la loro concentrazione su un calcolo ne determina la frantumazione in piccoli frammenti, tali da poter essere espulsi spontaneamente per via naturale. Le onde d’urto sono generate all’esterno del corpo da un generatore (esistono ad oggi tre tipi di generatori di onde d’urto: a spinterometro o elettroidraulico, piezoelettrico ed elettromagnetico). Il più comune è quello elettroidraulico, costituito da un sistema in cui un elettrodo immerso in un liquido si scarica ad alto voltaggio producendo una scintilla che provoca la vaporizzazione delle molecole d’acqua circostanti determinando la formazione dell’onda d’urto sferica). L’onda viene quindi focalizzata per mezzo di un sistema di riflessione metallico di forma ellissoidale. È da notare come anche l’utilizzo della litotrissia extracorporea sia subordinato alle caratteristiche della malattia:

  • la percentuale di successo, per i calcoli renali < ai 10 mm, si aggira intorno al 90% e per calcoli tra i 10 e 20 mm è di circa il 60%;
  • alcuni calcoli sono particolarmente suscettibili di frantumazione con le onde d’urto (di ossalato di calcio diidrato, struvite e acido urico), mentre altri risultano essere particolarmente resistenti (di cistina, ossalato di calcio monoidrato e fosfato di calcio diidrato);
  • le percentuali di bonifica completa decrescono in media dall’80%, per i calcoli della pelvi renale, al 70%, per quelli dei calici superiori, fino a circa il 50-60%, per quelli dei calici inferiori. Percentuali più basse si riscontrano per i calcoli presenti in uretere.

Potrebbe, però, rendersi necessario, per evitare complicanze di tipo ostruttivo e favorire il drenaggio dei frammenti, inserire uno stent in uretere: questa procedura viene eseguita in anestesia generale o spinale e consiste nell’introduzione di un tubo di drenaggio del calibro dell’uretere che mette in comunicazione la pelvi renale con la vescica. L’ureterorenoscopia

L’URETROSCOPIA

L’ureteroscopia è una tecnica endourologica mininvasiva: consiste nell’introduzione retrograda attraverso l’uretra e la vescica di uno strumento rigido o flessibile, al quale è connessa una telecamera, con cui esplorare l’uretere fino ad arrivare alla pelvi renale e ai calici. All’interno dello strumento possono essere montati degli strumenti in grado di frammentare il calcolo e, successivamente, di evacuarlo all’esterno tramite l’uretra. Le fonti di energia principalmente utilizzate sono il laser e le onde d’urto. Questa tecnica è particolarmente indicata in alcune situazioni che rispondono a requisiti di dimensione e di posizionamento lungo la via escretrice:

  • se il calcolo si trova nella porzione terminale dell’uretere ed è di dimensioni > 1,5 cm;
  • qualsiasi sia la dimensione del calcolo, se esso si trova nella porzione media o nella porzione più vicina al rene dell’uretere;
  • se il calcolo si trova nel calice inferiore ed è di dimensioni > di 1 cm;
  • se persiste colica renale nonostante la terapia medica;
  • se sono presenti indici di insufficienza renale e persiste ostruzione.

È da notare, quindi, come questa tecnica sia la più indicata per calcoli di medie dimensioni e per quei calcoli che hanno già impegnato l’uretere.
L’intervento è eseguito in anestesia generale o talvolta in anestesia spinale, spesso in seguito alla procedura viene lasciato in sede un catetere ureterale (che permette il drenaggio delle urine dalla pelvi renale all’esterno dell’organismo e che viene rimosso il giorno seguente la procedura) o uno stent ureterale (un drenaggio tra la pelvi renale e la vescica che ha la funzione di favorire l’eliminazione dei frammenti e che viene rimosso a distanza di qualche settimana dalla procedura. La degenza media di questi interventi varia da 1 a 3 notti di ricovero. Alla dimissione sarà consigliato al paziente di tenere dei comportamenti alimentari e nella vita quotidiana che impediscano o in ogni caso ritardino una possibile recidiva.

LA LITOTRISSIA PERCUTANEA

La litotrissia percutanea è una tecnica endourologica mininvasiva. Essa consiste nella creazione a livello lombare di un tramite tra la cute e la via escretrice (il calice inferiore usualmente) che consente il passaggio di uno strumento chiamato nefroscopio al cui interno possono essere inserite le fonti di energia per la frammentazione del calcolo e gli strumenti rigidi per la rimozione dei frammenti. Si tratta di una tecnica più invasiva dell’ureteroscopia ma che consente di affrontare calcoli di grandi dimensioni localizzati nei calici medi superiori e inferiori garantendo un’alta percentuale di “stone free rate” cioè di pazienti che al termine della procedura sono completamente liberi da calcoli.
Le principali indicazioni a questo tipo di intervento sono:

  • calcolosi caliciale media e superiore con calcoli > di 2 cm;
  • calcolosi caliciale inferiore di dimensioni > a 1,5 cm;
  • calcolosi a stampo;
  • talvolta, calcolosi del tratto prossimale (quello più vicino al rene) dell’uretere.

La scelta di questa tecnica è dovuta alla possibilità di evacuazione completa dei frammenti che, invece, per calcoli di grosse dimensioni trattati con litotrissia extracorporea, darebbero luogo a numerose coliche renali dovute appunto al passaggio dei frammenti lungo l’uretere.
La tecnica viene eseguita in anestesia generale in centri specializzati, viene posizionato un catetere ureterale all’inizio della procedura che può essere rimosso al termine dell’intervento o nelle giornate postoperatorie successive. La degenza media è compresa tra 3 giorni e una settimana.

LA CHIRURGIA A CIELO APERTO

Ad oggi la chirurgia a cielo aperto nel trattamento della calcolosi renale è da riservarsi a casi di calcolosi a stampo particolarmente complessi e non trattabili con la litotrissia percutanea o in caso di fallimento della litotrissia percutanea. Si tratta di un vero e proprio intervento chirurgico in cui viene eseguito un taglio (accesso) a livello del fianco e attraverso cui il chirurgo accede al rene. In seguito viene aperta la via escretrice, rimosso il calcolo e suturata la breccia.
L’intervento viene eseguito in anestesia generale e la degenza dura 5/7 giorni.

    PREVENIRE IL RIFORMARSI DEI CALCOLI: CONSIGLI

    I comportamenti da tenere in seguito alla rimozione di un calcolo sono da adeguare al tipo di calcolo che la persona ha prodotto. Possiamo in ogni caso individuare dei comportamenti corretti:

    1) bere almeno 2,5-3 litri di acqua al giorno
    2) bere durante tutta la giornata e non solo ai pasti
    3) bere bevande a pH neutro
    4) urinare almeno 2-2,5 litri al dì
    5) avere urine di peso specifico inferiore a 1010
    6) avere una dieta bilanciata, ricca in verdure e fibre
    7) assumere con la dieta una dose normale di calcio (1-1.2 grammi a giorno
    8) limitare i sali (sale nella pasta, insaccati, cibi conservati sotto sale)
    9) limitare l’introduzione di proteine animali (non più di 1 g al kg al giorno)
    10) rimanere in peso forma (BMI compreso tra 18 e 25 kg/m2)
    11) avere un adeguata attività fisica
    12) limitare lo stress
    13) bilanciare le eventuali perdite di liquidi