COS’È LA VESCICA

La vescica è un organo impari che fa parte del sistema urinario. Il sistema urinario è composto dai reni, organi pari e simmetrici, che hanno la funzione di regolare la quantità di liquidi presenti nel nostro corpo e di depurare il sangue da molecole che devono essere eliminate attraverso l’urina. L’urina prodotta dai reni, a livello microscopico, viene poi incanalata attraverso i calici nella pelvi renale.
Da ciascun rene si diparte un uretere, cioè un condotto rivestito all’interno da cellule appartenenti al sistema urinario e dotato di muscolatura propria, che consente di convogliare l’urina prodotta dai reni nella vescica urinaria. La vescica urinaria è un organo che può assumere diverse forme. È una sacca che se vuota assume la forma di un tetraedro, se piena di urina, assume una forma ovoidale. Sia gli uomini che le donne hanno la vescica urinaria: cambiano però gli organi e i tessuti che la circondano.
Nell’uomo la vescica è in rapporto anteriormente con la parete addominale e con la sinfisi pubica, posteriormente con la parete anteriore del retto e con le vescichette seminali, inferiormente con la prostata all’interno della quale decorre l’uretra e superiormente, con l’interposizione del peritoneo con le anse intestinali.

Nella donna la vescica urinaria è invece in rapporto anteriormente con parete addominale e sinfisi pubica, alla base e posteriormente con la parete vaginale anteriore, superiormente con l’utero e il peritoneo che lo riveste.

Dal punto di vista dei tessuti la vescica urinaria rivestita all’interno da un epitelio particolare (epitelio transizionale o urotelio) e da una componente di tessuto muscolare. È proprio dal rivestimento epiteliale interno che possono prendere origine la maggior parte dei tumori vescicali.

COSA SONO I TUMORI DELLA VESCICA

I tumori della vescica sono delle alterazioni degenerative dei tessuti che prendono origine prevalentemente dalla componente epiteliale della vescica. Nell’Europa occidentale il tasso di incidenza del carcinoma vescicale è di circa 23 casi su 100.000 abitanti per quanto riguarda la popolazione maschile e di 5 casi su 100.000 abitanti per quella femminile. La grande categoria dei tumori vescicali comprende al suo interno neoplasie dalle caratteristiche e dal comportamento differente. All’interno delle neoplasie maligne bisogna fare due grandi distinzioni iniziali:

  • carcinomi a basso grado
  • carcinomi ad alto grado: all’interno di questi carcinomi possiamo distinguere neoplasie non invasive e neoplasie invasive. Come vedremo queste semplici distinzioni dividono i pazienti affetti da questa malattia in gruppi estremamente eterogenei per quanto riguarda la prognosi, l’atteggiamento terapeutico da tenere, i tipi di controlli da effettuare.

I FATTORI DI RISCHIO

  • Il fumo di sigaretta: numerosi studi condotti nel corso degli anni hanno mostrato sia, ad oggi, il principale fattore di rischio di carcinoma vescicale: i prodotti della combustione del tabacco vengono inalati attraverso i polmoni e portati nel circolo; successivamente eliminati dai reni nell’urina, essi si depositano nella vescica dove l’urina si accumula prima di essere espulsa. Tutto questo porta a modificazioni nella struttura cellulare dell’epitelio che riveste la vescica e, con il procedere degli anni e dell’abitudine al fumo può succedere che alcune di queste cellule modificate acquisiscano dei caratteri tumorali dando così origine a un carcinoma vescicale. Questo può allo stesso modo spiegare la notevole differenza per quanto riguarda l’incidenza di questa malattia: ad oggi la popolazione maschile ne è maggiormente colpita, a dimostrazione del fatto che in passato erano più numerosi i maschi fumatori delle femmine fumatrici, trend che si è invece esaurito negli ultimi anni. Possiamo quindi aspettarci un aumento di incidenza di carcinoma vescicale nella popolazione femminile nei prossimi 20 anni. Attualmente, infatti, diversi studi segnalano come, anche per il gentil sesso, l’incidenza di queste neoplasie sia in costante aumento. Questo soprattutto in Spagna ed Italia e sembra essere in relazione all’incremento appunto, in questa categoria di pazienti, all’abitudine al fumo di sigaretta.
  • Le amine aromatiche: questi composti si trovano prevalentemente nelle vernici e nei prodotti utilizzati dall’industria chimica, soprattutto in passato.
  • Le radiazioni ionizzanti sono un fattore di rischio comune a molte neoplasie; è stato dimostrato che aumentino anche l’incidenza di carcinoma uroteliale.
  • L’infiammazione cronica causata dall’infezione di Schistosoma Hematobium (un parassita che si trova prevalentemente nelle acque dolci a climi tropicali) porta allo sviluppo di carcinomi vescicali squamosi (una variante che rappresenta a livello mondiale il 5% dei carcinomi vescicali, soprattutto in Egitto).

I SINTOMI

L’emissione di sangue con le urine (ematuria) senza dolore e in maniera anche sporadica è il sintomo con cui si presenta più frequentemente il carcinoma vescicale: l’85% delle nuove diagnosi di questa malattia sono infatti accompagnate da questo sintomo. Questo sintomo non deve mai essere sottovalutato e deve portare a un approfondimento diagnostico: sarà l’urologo a predisporre il corretto atteggiamento diagnostico e terapeutico.

Allo stesso modo il carcinoma vescicale si può presentare con disturbi irritativi non altrimenti spiegabili e resistenti alle comuni terapie antibiotiche e antinfiammatorie.

LA DIAGNOSI

L’indagine che permette di avere la certezza della presenza di un carcinoma vescicale è la cistoscopia: si tratta dell’introduzione attraverso l’uretra di uno strumento ottico flessibile, del diametro di un piccolo catetere vescicale che permette all’urologo di visualizzare direttamente la parete della vescica e di individuare eventuali aree sospette.

La diagnosi può essere coadiuvata, e, talvolta, sostituita da un’ecografia dell’addome a vescica piena che consente di “vedere” tumori più grandi di un centimetro.
Una volta diagnosticata la presenza di una neoformazione vescicale il primo passo verso una diagnosi definitiva con una conferma istologica è rappresentato dall’esecuzione di una TUR (resezione transureterale).

COS’È LA TUR: COME DEVE ESSERE FATTA E CHE RISULTATI DÀ

La TUR rappresenta il primo passo in seguito a un riscontro diagnostico di neoformazione vescicale. Rappresenta il primo e fondamentale passo per una corretta stadiazione (estensione) di tumore vescicale.
È un intervento chirurgico a tutti gli effetti che si esegue in anestesia spinale o generale. La tecnica operatoria prevede l’inserimento di uno strumento rigido nell’uretra dotato di telecamera e di un bisturi elettrico particolare. Possono essere usati diversi tipi di strumenti: in particolare gli strumenti che utilizzano come energia la corrente “bipolare” consentono un miglior controllo dell’emostasi e non prevedono il passaggio di corrente elettrica nel corpo del paziente.
L’urologo una volta visualizzata la lesione provvederà ad asportarla, avendo cura di asportare anche una porzione del tessuto muscolare al di sotto di essa per la diagnosi istologica. In seguito l’area in cui si trovava la lesione viene coagulata e viene posto in vescica un catetere.

È possibile, anche se raro, che la neoformazione vescicale sia di dimensioni troppo grandi per poter essere eliminata in sicurezza con la TUR, in questo caso verrà eseguita una TUR stadiante che consente di eseguire le indagini istologiche necessarie per la prosecuzione dell’iter terapeutico, pur non eliminando completamente la neoplasia. La degenza media è di 2-3 giorni al termine dei quali verrà rimosso il catetere vescicale e il paziente potrà andare a casa. Una volta ottenuti i risultati dell’esame istologico si potrà approfondire meglio la situazione di ciascun paziente e intraprendere un percorso terapeutico o di controlli adeguato.

COME SI VALUTA UN TUMORE DELLA VESCICA

IL GRADO

Dopo l’esecuzione della TUR viene eseguito un esame istologico sul materiale asportato. L’organizzazione mondiale della sanità (WHO) ha suddiviso nel 2004 il carcinoma vescicale in due gradi fondamentali:

  • alto grado (G3): presentano un alto rischio di progressione e allo stesso modo hanno la caratteristica di dar luogo a recidive.
  • basso grado (G1/2): hanno caratteristiche cellulari di bassa malignità, presentano uno scarso rischio di progressione e di trasformazione in neoplasie di alto grado ma possono recidivare e ripresentarsi.
      LO STADIO

      Il sistema TNM è utilizzato per la valutazione della dimensione e della diffusione del tumore (estensione). Così come in molte altre patologie neoplastiche la prognosi e l’aspettativa di vita dipendono dalla dimensione-localizzazione del tumore (indicato con T-tumor), dalla diffusione ai linfonodi locoregionali (N-Nodes) e dalle metastasi a distanza (M-Metastasis).
      In seguito all’esecuzione di una TUR l’unico parametro valutabile è il T. Come detto in precedenza la parete della vescica può essere divisa in uno strato interno composto da urotelio che appoggia su uno strato subepiteliale composto da connettivo lasso e chiamato lamina propria, da uno strato muscolare e da un tessuto perivescicale.
      La più importante distinzione per quanto riguarda sia l’approccio terapeutico che le aspettative di vita distingue

      • tumori invasivi: i tumori classificati T2a e T2b interessano invece il tessuto muscolare, rispettivamente nel suo strato più interno e nel suo strato più esterno
      • tumori non invasivi: i tumori classificati Ta e T1 che interessano, rispettivamente, il solo strato uroteliale e la lamina propria, andando a configurarsi come tumori invasivi.
        Il sistema classificativo comprende prevede anche la definizione di:
      • T3 e di T4, a loro volta suddivisi in a e b che vanno a individuare quei tumori che si estendono rispettivamente al tessuto perivescicale e agli organi contigui alla vescica;
      • il Cis o Carcinoma in Situ, un carcinoma particolare limitato ai tessuti superficiale, di struttura non papillare ma piana e di alto grado. Ha caratteristiche biologiche particolari che lo distinguono: infatti, se non trattato ha un altissimo rischio di progredire verso forme più invasive;
      • con N1-2-3 si individuano le stazioni linfonodali interessate in caso di positività;
      • il parametro M individua invece le metastasi a distanza. La presenza o meno di interessamento linfonodale è una componente prognostica fondamentale che viene però valutata solo in seguito a cistectomia radicale e contemporanea linfadenectomia.

        LE TERAPIE

        Utile in primo luogo creare delle categorie di pazienti che andranno incontro a differenti iter terapeutici.

        IL CARCINOMA VESCICALE SUPERFICIALE TA A BASSO GRADO

        La sola TUR consente di asportare definitivamente un carcinoma vescicale completamente superficiale (Ta di basso grado). È però possibile che questa malattia si ripresenti, a distanza di tempo, tendenzialmente con le stesse caratteristiche biologiche e con uno scarso rischio di progressione e di modificazione delle sue caratteristiche (bassa malignità). È quindi necessario seguire in ogni caso un protocollo di controlli successivi che permettano di identificare per tempo le possibili recidive di malattia e di poterle asportare. Di solito si programma una prima cistoscopia a 3 mesi dall’intervento e, nel caso non si individuino recidive di malattia i successivi controlli sono programmati inizialmente a cadenza semestrale e poi annuale. In caso la malattia si ripresenti è possibile intraprendere una chemioterapia locale a base di farmaci antiblastici che diminuisce notevolmente il rischio di recidiva.

        IL CARCINOMA VESCICALE SUPERFICIALE TA-T1 DI ALTO GRADO

        È possibile che il carcinoma vescicale si presenti come carcinoma non muscolo-invasivo ma che abbia caratteristiche cellulari che lo definiscono come carcinoma ad alto grado o G3. In questo caso il fatto di essere costituito da cellule abbastanza indifferenziate e poco simili al tessuto originale vescicale lo porta ad avere un comportamento biologico molto differente rispetto ad un carcinoma superficiale a basso grado: il rischio di recidiva dopo TUR è aumentato e allo stesso modo è aumentato il rischio di progressione. Questo ad indicare come, se non trattato, questo carcinoma possa facilmente evolvere in forme muscolo-invasive.
        Il trattamento e il percorso terapeutico per i pazienti affetti da questo carcinoma è diverso rispetto alle forme a basso grado. In seguito alla prima TUR, in particolare per i carcinomi multifocali e di grandi dimensioni, è consigliabile eseguire una seconda TUR, a distanza di circa 6-8 settimane dalla prima che comprenda anche una biopsia di altre aree vescicali. È infatti possibile in questo caso che la prima resezione non abbia rimosso completamente il tessuto tumorale o che nuove neoplasie si siano formate nel periodo che intercorre tra la prima e la seconda TUR.

        A questo punto ci troviamo di fronte a due possibili alternative:

        • se la re-TUR ha un risultato negativo per presenza di malattia o è confermato il grado iniziale si può intraprendere la terapia immunologica locale a base di BCG (bacillo di Calmette Guerin) un ceppo modificato e attenuato della famiglia dei batteri della tubercolosi che, scatenando una forte risposta immunitaria locale, è in grado di diminuire del 70% il rischio di recidive locali e, secondo alcuni studi, anche di diminuire il rischio di progressione;
        • nel caso la reTUR dimostri invece la presenza di malattia muscolo invasiva, o ci si trovi di fronte a una malattia che ha dato più di due recidive può essere proposta la cistectomia radicale. Questo intervento, di solito riservato ai carcinomi muscolo invasivi trova un suo razionale anche nei carcinomi di alto grado superficiali recidivanti, in particolare in pazienti giovani, perché offre una completa guarigione dalla malattia evitando il rischio di progressione sempre presente in carcinomi di alto grado.

        IL CARCINOMA IN SITU

        Il carcinoma in situ merita menzione a se per le sue particolari caratteristiche: si tratta di una lesione che appare come un area piana o leggermente ematica alla cistoscopia; la sua crescita si limita (per essere definito carcinoma in situ) ai tessuti superficiali della vescica, tuttavia, ha un alto rischio di progressione: oltre il 70% dei carcinomi in situ non trattati evolvono in carcinomi ad alto grado.

        Per la diagnosi di carcinoma in situ è necessario un riscontro bioptico conseguente a TUR che però risulta alquanto difficoltoso a causa del suo aspetto alla cistoscopia. È per questo che sono state introdotte delle metodiche di visione in cistoscopia che consentono di mettere maggiormente in evidenza le aree sospette, sia dal punto di vista del carcinoma in situ sia dal punto di vista delle recidive di malattia. È possibile eseguire infatti una diagnosi fotodinamica (PDD) che, attraverso l’uso di farmaci fotosensibilizzanti, e con l’utilizzo di particolari tipi di luci mettono in risalto le aree sospette di Cis. Allo stesso modo può essere utilmente utilizzata una tecnica cistoscopica che prevede particolari spettri di luce (NBI) che consentono di mettere in risalto il reticolo vascolare superficiale e di conseguenza anche le aree sospette.

        Una volta accertata la presenza di carcinoma in situ, se è riscontrato in concomitanza di un carcinoma muscolo invasivo si procederà alla cistectomia radicale.
        Se al contrario si tratta di un riscontro concomitante a un tumore Ta o T1 le opzioni terapeutiche risultano diverse: è possibile infatti eseguire un preliminare ciclo di immunoterapia con BCG endovescicale e successivamente eseguire delle biopsie mirate della parete vescicale per evidenziare eventuali aree sospette o procedere direttamente alla cistectomia radicale, in ragione del fatto che la contemporanea presenza di Cis all’esame istologico aumenta notevolmente sia il rischio di recidiva che di progressione.

        IL CARCINOMA MUSCOLO INVASIVO (T2-4)

        La terapia di scelta del carcinoma vescicale muscolo-invasivo è la cistectomia radicale con l’asportazione consensuale dei linfonodi che drenano la linfa dal territorio vescicale. Sia la chemioterapia che la radioterapia si sono dimostrati inefficaci nel trattamento del carcinoma vescicale muscolo invasivo, anche se ad oggi alcuni lavori scientifici suggeriscono un possibile ruolo della chemioterapia neoadiuvante per i carcinomi vescicali muscolo-invasivi.

        La cistectomia radicale può essere eseguita con diverse tecniche chirurgiche a seconda del tipo di malattia e consente di preservare o meno alcune funzioni legate all’apparato urogenitale.
        La cistectomia radicale nel maschio: come abbiamo già evidenziato, la cistectomia radicale può essere proposta nell’uomo che presenti carcinoma muscolo invasivo o carcinoma superficiale ad alto grado recidivante associato o meno a Cis.

        • Nel primo caso (cistectomia radicale standard) l’obiettivo principale è la salvaguardia della vita del paziente e, poiché la malattia da cui è affetto è particolarmente invasiva, l’obiettivo del chirurgo è essere il più “radicale” possibile. L’intervento viene eseguito attraverso un taglio addominale centrale che inizia poco sopra l’ombelico e termina a livello del pube. Verranno quindi asportati in blocco vescica, prostata, vescichette seminali e parti terminali degli ureteri; dopo la rimozione del pezzo operatorio verranno asportati anche i linfonodi locoregionali (iliaci esterni, interni e comuni) e in caso di sospetto intraoperatorio l’asportazione dei linfonodi potrà essere allargata anche ai linfonodi che si localizzano superiormente nell’albero linfonodale.
        • Nel secondo caso è possibile mettere in pratica una variante della cistectomia radicale chiamata Sex sparing: questa tecnica è riservata a pazienti che avevano attività sessuale prima dell’intervento e che desiderino mantenerla e prevede, durante le fase demolitiva il risparmio di una componente tissutale localizzata tra le vescichette seminali e sulla faccia posteriore della prostata che, secondo numerosi studi, contiene le terminazioni nervose deputate all’erezione. Al termine dell’intervento la possibilità di mantenere un erezione valida si avvicina all’80%. Vengono in ogni caso rimossi vescica, prostata e linfonodi. Questa opzione terapeutica non può essere proposta a pazienti con malattia muscolo invasiva per l’elevato rischio di interessamento del tessuto perivescicale risparmiato.

        In entrambi i casi al termine della fase demolitiva, l’intervento passa alla cosiddetta fare ricostruttiva. In questa fase la decisione preoperatoria del paziente risulta fondamentale. Le possibilità a sua disposizione sono sostanzialmente tre:

        • Neovescica ortotopica: se la porzione di uretra che viene risparmiata è libera da malattia il paziente potrà essere sottoposto alla ricostruzione della vescica (neovescica ortotopica) con l’utilizzo di un tratto di intestino (usualmente una porzione del tenue) che viene opportunamente configurato a forma sferoidale e a cui verranno collegati sia gli ureteri che l’uretra prostatica. Il principale vantaggio della neovescica ortotopica consiste nel mantenimento della minzione per uretra. Il paziente dovrà però “imparare ad usare” la nuova vescica: essa infatti non risponde più ai comuni stimoli che accompagnano la minzione ed il paziente dovrà quindi imparare a riconoscere i nuovi stimoli e a svuotare la nuova vescica. Questo intervento è consigliato per i pazienti con una buona aspettativa di vita e con una buona gestione della loro sfera personale.
        • Ureteroileocutaneostomia: nel caso in cui il paziente lo richieda, o se all’esame intraoperatorio risulti infiltrato il margine uretrale il chirurgo creerà un condotto con un tratto di intestino a sui collegherà gli ureteri. La parte terminale del condotto verrà collegato alla cute. In questo modo non viene mantenuta la normale minzione per uretram ma il paziente dovrà periodicamente cambiare il sacchetto di raccolta delle urine situato a livello addominale.
        • Ureterocutaneostomia: in quei casi in cui sia sconsigliato l’utilizzo di un tratto di intestino, i due ureteri vengono collegati direttamente alla cute; la derivazione può essere monolaterale o bilaterale (a seconda che l’uretere sinistro sia più o meno lungo per essere agganciato a destra vicino all’uretere destro); gli ureteri saranno sempre tutorati da due tubicini che verranno sostituiti ambulatorialmente a scadenza mensile.
          La cistectomia radicale nella donna: anche se con minor frequenza il carcinoma vescicale può colpire anche le donne.

        Anche in questo caso possiamo distinguere due situazioni differenti:

        • Nel caso in cui carcinomi muscolo invasivi di grandi dimensioni o localizzati vicino all’uretra il trattamento di prima scelta prevede l’esecuzione di una cistectomia radicale “allargata” diviene infatti necessario asportare, oltre alla vescica, all’uretra e alla parte terminale degli ureteri anche la parete vaginale anteriore e l’utero. Contestualmente, così come nel maschio verranno asportati anche i linfonodi. In questo caso però, a causa della necessità di asportare l’uretra sino allo sbocco esterno non sarà possibile preservare la funzione urinaria per via uretrale e sarà necessario procedere, per quanto riguarda la fase ricostruttiva alla derivazione urinaria con ureteroileocutaneostomia.
        • Nel caso invece di carcinomi vescicali non superficiali recidivanti, o di carcinomi vescicali muscolo invasivi ma di piccole o medie dimensioni e localizzati lontano dall’uretra e dal collo vescicale sarà possibile risparmiare l’uretra e la parete vaginale anteriore così da poter configurare anche nella donna una neovescica. Questo tipo di intervento richiede una particolare abilità tecnica per la particolare configurazione anatomica della donna ma ottiene in ogni caso buoni risultati.

        LA VITA DEL PAZIENTE DOPO L’INTERVENTO RADICALE

        La degenza ospedaliera varia nella cistectomia radicale da 8 a 15 giorni a seconda del tipo di intervento effettuato. In seguito al ritorno a casa il paziente dovrà imparare a usare la nuova vescica a e a rispondere gestendo al meglio gli stimoli della stessa. Inizialmente il processo di apprendimento per l’utilizzo del nuovo organo è abbastanza complesso, ragion per cui questo tipo di intervento è riservato a pazienti attivi e in grado di affrontare un periodo di adattamento, anche psicologico. In caso contrario la gestione della stomia esterna risulta più semplice e immediato, tutto sommato con una buona qualità di vita.

        In seguito alla dimissione saranno programmati controlli post operatori, eseguiti con tecniche radiologiche (TC) e laboratoristiche, sempre associati a visita urologica per la valutazione sia dello stato della malattia che dello stato funzionale. Con il passare del tempo i controlli potranno essere dilazionati fino a raggiungere, dopo alcuni anni dall’intervento, cadenza annuale.